FRIEDRICH NIETZSCHE





INTRODUZIONE: 

La filosofia di Nietzsche è un’incessante distruzione di miti e di credenze codificate, in quanto egli è convinto che gli uomini per poter sopportare l’impatto con il caos della vita, abbiano costruito una serie di certezze (metafisiche, morali, religiose), che, a uno sguardo profondo, si rivelano soltanto come delle necessità di sopravvivenza che il filosofo ha il compito di smascherare. 

Facendosi profeta del suo destino, Nietzsche, in Ecce homo, si presenta come “il primo uomo decente” dopo la “falsità che dura da millenni”, destinato, come tale, a scatenare, nel prossimo, tracolli e convulsioni: 

“Conosco la mia sorte. Sarà legata al mio nome il ricordo di qualcosa di enorme – una crisi, quale mai si era vista sulla terra, la più profonda collisione della coscienza, una decisione evocata contro tutto ciò che finora è stato creduto, preteso, consacrato. Io non sono un uomo, sono una dinamite”.

Quest’opera di demolizione polemica del passato non si risolve, tuttavia, soltanto in una critica delle idee o dei sistemi, poiché si concretizza anche in un’esplicita messa in discussione della civiltà occidentale nel suo complesso e del “tipo antropologico” da essa prodotto: l’individuo anti-vitale e sottomesso ad autorità e sistemi di valore costituiti. 

Ma poiché il rifiuto dell’uomo del passato avviene alla luce di un’intuizione del possibile uomo del futuro, il pensiero di Nietzsche non si esaurisce nel momento critico e polemico del “sospetto” verso le teorie e i comportamenti tradizionali, in quanto mette capo alla delineazione di un nuovo modello di umanità: il superuomo o l’oltreuomo.

Il filosofare di Nietzsche, aforistico e anti-sistematico, è lontano dal formare una costruzione architettonica conclusa. 


PERIODIZZAZIONE DEGLI SCRITTI:

La riflessione nietzscheana aveva avuto inizio nei primi anni Settanta, con la pubblicazione della sua prima grande opera: La nascita della tragedia dallo spirito della musica (1871). 

Lo schema oggi accettato dalla maggioranza degli studiosi divide le sue opere in tre periodi: 

- le opere giovanili del periodo di Basilea: La nascita della tragedia; le quattro Considerazioni inattuali (1873-76); 

- gli scritti della “fase illuministica”: Umano troppo umano (1878); Aurora (1881); La gaia scienza (1882); 

- la filosofia dell’ “eterno ritorno”, contenuta in Così parlò Zarathustra (1883-85) e negli scritti successivi fino alla follia: Al di là del bene e del male (1886), Genealogia della morale (1887), Crepuscolo degli idoli (1888), L’anticristo, Ecce homo (postumi).  


L'INFLUSSO DI SCHOPENAUER:

La riflessione di Nietzsche, filologo per formazione, muove da un’originale interpretazione della metafisica di Schopenhauer: come questi, egli vede nella volontà la radice dell’essere umano e di tutta la realtà. 

A differenza di Schopenhauer, tuttavia, Nietzsche ritiene che il vero obiettivo dell’uomo sia “dire sì” alla vita, affermare consapevolmente la volontà come volontà individuale di ciascun uomo.

Al tema della vita, che è considerato il tema-chiave delle sue opere giovanili, Nietzsche è guidato dalla filosofia di Schopenhauer, sotto il cui segno può essere iscritta l’intera riflessione contenuta all’interno della Nascita della tragedia. 

Da Schopenhauer Nietzsche raccoglie l’immagine di un mondo governato dal principio del dolore, rispetto a cui l’esistenza umana, priva di un senso trascendente che sappia darne una spiegazione, non è che un istante transeunte destinato alla morte.
 

La concezione schopenhaueriana del valore della vita rimane il presupposto costante dell’opera di Nietzsche, anche quando il filosofo respinge e condanna l’atteggiamento di rinuncia e di abbandono che da quella concezione Schopenhauer aveva dedotto.

La vita è dolore, lotta, distruzione, crudeltà, incertezza, errore. Essa non ha ordine nel suo sviluppo, né ha scopo, il caso la domina, i valori umani non trovano in essa garanzie precostituite. 

Due atteggiamenti sono allora possibili di fronte alla vita. Il primo è quello della rinuncia, che mette capo all’ascetismo; questo è l’atteggiamento che Schopenhauer derivò dalle sue teorie sulla vita ed è l’atteggiamento, secondo Nietzsche, proprio della morale cristiana. 

Il secondo è quello dell’accettazione della vita come essa è, nei suoi caratteri originari, ed è l’atteggiamento che mette capo all’esaltazione della vita e al superamento dell’uomo. 

Questo è l’atteggiamento di Nietzsche. Tutta l’opera di Nietzsche è intesa a difendere e a chiarire l’accettazione totale ed entusiastica della vita.  
 

Alla noluntas schopenhaueriana Nietzsche oppone allora un principio diverso, che, nella Nascita della tragedia, accoglie la coraggiosa accettazione del dolore quale viene testimoniata dagli eroi della tragedia greca. 

Egli riprende dunque la concezione schopenhaueriana per cui nel tragico viene in luce il “lato terrificante” dell’esistenza, ma la conduce a esiti diversi dalla disperazione e dalla rassegnazione. 

La rinuncia a ogni soluzione consolatoria, di ordine metafisico o religioso, non può ai suoi occhi che comportare l’inevitabile accettazione dell’irrazionalità dell’esistenza, l’amore “per le cose problematiche e terribili” di cui è fatta la vita, l’amore, in definitiva, per la vita stessa. 

Attraverso una nuova e ardita interpretazione della tragedia, Nietzsche supera il pessimismo schopenhaueriano.


LA NASCITA DELLA TRAGEDIA:

Nella Nascita della tragedia si trovano già in embrione i temi principali del pensiero di Nietzsche o meglio, si trova già tutto l’atteggiamento che Nietzsche ha avuto nei confronti della cultura e della civiltà moderne, un atteggiamento radicalmente critico.
Frutto degli studi di filologia esercitati in qualità di docente presso l’Università di Basilea, La nascita della tragedia ha tuttavia un contenuto spiccatamente filosofico
Nietzsche rifiuta la filologia accademica in nome della filosofia perchè incapace di guardare al passato in modo creativo e vivo.

Nietzsche contesta, in particolare, l’immagine della grecità di impronta filologica classicista, secondo la quale i greci crearono opere armoniose, misurate, serene perché il loro stesso spirito si caratterizzava come armonioso, misurato, sereno e razionale. 

Questi caratteri “solari” vengono complessivamente indicati da Nietzsche con il termine apollineo.
Nietzsche contesta però che l’apollineo fosse l’unico e il più importante aspetto della classicità. 

Nello spirito greco agivano infatti anche forze vitali irrazionali, forze istintuali che conducono alla perdita del controllo di sé e della ragione. 

Queste forze sono rappresentate da Dioniso, dio dell’ebbrezza. L’arte greca non è, come l’immagine neoclassica sosteneva, soltanto armonia, bellezza, serenità e razionalità.

Questa immagine è sbagliata sia perché privilegia un certo genere di arte – la scultura e l’architettura – , sia soprattutto perché fissa e irrigidisce l’antichità nel momento della sua decadenza, quando lo spirito greco ha ormai smarrito le “radici vitali” che ne contraddistinguevano le origini; radici di cui rimane traccia invece, a parere di Nietzsche, soprattutto nella musica e nella religione popolare greche.   

L’arte greca risulta, allora, dalla compresenza di due impulsi originari e tra loro contrapposti, le due grandi forze che animano lo spirito greco: quello razionale, l’apollineo, e quello dionisiaco, irrazionale, caotico, votato all’ebbrezza. 

I due elementi (razionale/irrazionale) che rappresentano la duplicità dell’istinto artistico greco si mostrano attraverso le maschere di Apollo e Dioniso. 

 ⇨Apollo è il dio della luce e della chiarezza, della misura e della forma: l’apollineo simboleggia l’inclinazione plastica, la tensione alla forma perfetta, quale trova espressione nella scultura e nell’architettura

Dioniso è il dio della notte e dell’ebbrezza, del caotico e dello smisurato: il dionisiaco simboleggia l’energia istintuale, l’eccesso, il furore.

Esso è impulso di liberazione e di abbandono; la sua forma espressiva è la musica, la musica che genera la passione.  Nella tragedia, che per questo esprime il momento più alto raggiunto dalla cultura ellenica, apollineo e dionisiaco si fondono nella perfetta sintesi costituita dal canto e dalla     danza
del coro e dall’azione drammatica.  

Ora, l’importanza dell’interpretazione nietzscheana dello spirito greco visto attraverso le categorie estetiche della tragedia e mediante l’ottica dei due impulsi che la caratterizzano, e che caratterizzano una certa fase della sensibilità greca, è di ordine soprattutto filosofico: la Nascita della tragedia è infatti un primo e ancora non compiuto tentativo di esporre una concezione filosofica del mondo e dell’essenza della vita. 

Apollineo e dionisiaco sono impulsi artistici che spiegano l’arte greca, ma anche il mondo greco, e poi il modo di essere dell’intera realtà.   
La sensibilità greca, per Nietzsche, avverte con profondità mai più raggiunta la tragicità della condizione umana: la limitatezza e la finitudine dell’esistenza individuale, il suo essere momento di un ciclo di vita e di morte sul quale l’uomo non ha nessun potere. 

Il gioco dialettico, la compresenza, di apollineo e dionisiaco esprime il sistema di forze e di impulsi che agisce all’interno di ogni singolo uomo.

 L’apollineo è l’illusione, il sogno che rende sopportabile la vita racchiudendola in forme stabili e armoniche.  
 Nel dionisiaco, invece, si rivela all’uomo tutto l’abisso della sua condizione: la vita erompe qual è, gioco crudele di nascita e morte. 
Il dionisiaco è l’esperienza del caos, il perdersi nel flusso ambiguo della vita.

Esso esprime, dunque, il senso del dolore, ma, nello stesso tempo, anche quello della gioia, perché Dioniso è forza generatrice, vita che si afferma continuamente al di là della morte. 

Nel dionisiaco l’uomo si accorda con la sua natura, che è forza e vitalità.   




LA TRASVALUTAZIONE DEI VALORI:
In antitesi alla morale e alla religione, la trasvalutazione nietzscheana dei valori è la liberazione della qualità attiva della vita, l’invenzione di nuove forme di esistenza, di nuovi valori. 

Il suo protagonista è l’oltreuomo, che vive al di fuori di ogni schema normativo. 
A tutte le negazioni imposte dalla morale e dal cristianesimo, Nietzsche contrappone quindi le più risolute ed entusiastiche affermazioni. 

Nel prologo di Così parlo Zarathustra troviamo il leit motiv di tutta l’opera, diretta contro la morale della rinuncia propugnata dal cristianesimo, la rinuncia a vivere l’unica vita che ci è data, quella terrena

“Vi scongiuro fratelli rimanete fedeli alla terra e non credete a quelli che vi parlano di            sovraterrene speranze! Lo sappiano o no: costoro esercitano il veneficio. Dispregiatori della vita essi   sono, moribondi e avvelenati essi stessi, hanno stancato la terra: possano scomparire!”. 
Da ciò la proposta nietzscheana di una trasmutazione o inversione di valori, con cui Nietzsche non intende alludere all’abolizione di ogni criterio o valore, proponendo un tipo d’uomo in preda al gioco sfrenato degli istinti, ma contrapporre ai valori antivitali della morale tradizionale una nuova tavola di valori a misura d’uomo e del suo carattere mondano. 
 

Infatti l’esistenza dell’uomo, per Nietzsche, è un’esistenza interamente terrestre: l’uomo è nato per vivere sulla terra e non c’è altro mondo per lui. 

L’anima, che dovrebbe essere il soggetto dell’esistenza ultra-mondana, è insussistente: l’uomo è sostanzialmente corpo. 

Questa rivendicazione della natura terrena dell’uomo è implicita nell’accettazione totale della vita che è propria dello spirito dionisiaco. 

In virtù di tale accettazione, la terra e il corpo dell’uomo si trasfigurano: 

⇨la terra cessa di essere il deserto in cui l’uomo è in esilio e diventa la sua dimora gioiosa; 

⇨il corpo cessa di essere prigione o tomba dell’anima e diviene il concreto modo di essere dell’uomo nel mondo. 


CHI È ZARATHUSTRA:

Volontà di potenza, eterno ritorno, oltre-uomo – i temi centrali del pensiero nietzscheano – sono Zarathustra, il protagonista di un’opera stilisticamente unica nella produzione nietzscheana (ma più in generale nella storia della filosofia), metà romanzo filosofico e metà poema in prosa, dove il linguaggio è irto di metafore e dominato dai toni dell’ispirazione e della profezia. 

• Zarathustra è una sorta di saggio, solitario, riflessivo, che annuncia l’eterno ritorno dell’uguale, la morte di dio e il superamento dell’uomo comune, l’avvento di un nuovo modello umano, ossia l’oltreuomo. 

Zarathustra è una sorta di contraltare di Cristo, un profeta che annuncia una religione senza dio. 


• Zarathustra è lo spirito libero dal peso della tradizione, l’eroe capace di affrontare gli eventi più strani, inquietanti, paurosi, il poeta della saggezza dionisiaca, il preannuncio di un nuovo avvenire. 

• Attraverso le esperienze più disparate egli sperimenta il difficile cammino dell’uomo dopo la morte di dio, alla ricerca di una nuova immagine di sé, mentre coloro che la pubblica opinione giudica uomini superiori appaiono smarriti e incapaci di seguirlo fino in fondo in questo cammino. 

• Nel deludente rapporto con gli uomini cosiddetti grandi, che lo induce a ritornare alla solitudine in attesa di veri interlocutori, Zarathustra compie fino in fondo la sua esperienza e comprende come non sia facile diventare veramente liberi, accettare senza contropartite la sofferenza, il male, i limiti umani. 

• Allora il suo messaggio diventa: imparare ad accettare la vita nella sua complessità, un messaggio che egli affida al riso, al canto, alla poesia, alla danza, ovvero a forme di espressione diverse dalla razionalità: come dire che la sola ragione non è in grado di rappresentare la contraddittoria ricchezza dell’esistenza umana.
le parole d’ordine di







LA MORTE DI DIO E LA FINE DELLE ILLUSIONI METAFISICHE: 


La critica della morale tradizionale e del cristianesimo trova il suo apice nel tema della “morte di dio”, che rappresenta uno dei motivi filosoficamente centrali e storicamente più importanti della filosofia di Nietzsche. 

Per comprendere in modo adeguato che cosa significhi la nietzscheana “morte di dio” occorre tenere presente che per questo filosofo Dio è sostanzialmente:  


1) il simbolo di ogni prospettiva oltre-mondana e anti-vitale, che pone il senso dell’essere fuori, o al di là dell’essere, ovvero in uno spazio trascendente, contrapponendo questo mondo a un altro mondo, ritenuto l’unico vero e perfetto; 


2) la personificazione di tutte le certezze ultime dell’umanità, ossia di tutte le credenze metafisiche e religiose elaborate attraverso i millenni per dare un senso e un ordine rassicurante alla vita. 

Il primo punto è connesso alla convinzione nietzscheana secondo cui dio e l’oltre-mondo abbiano storicamente rappresentato una fuga dalla vita e una rivolta contro questo mondo: “in dio è dichiarata inimicizia alla vita, alla natura, alla volontà di vivere!”. 

Il secondo punto, filosoficamente più complesso, prende le mosse dall’idea nietzscheana per cui la concezione di un cosmo ordinato, razionale, governato da scopi ben precisi e retto da un dio provvidente, è soltanto una costruzione della nostra mente, per riuscire a sopportare la durezza dell’esistenza. 

Si è già visto infatti che, di fronte a una realtà che risulta contraddittoria, caotica, disarmonica, crudele e non provvidenziale, gli uomini, per sopravvivere, hanno dovuto convincere se stessi e i loro figli che il mondo è qualcosa di razionale, di armonico, di buono e di provvidenziale. 

Da ciò il proliferare delle metafisiche e delle religioni, tutte intenzionate a esercitare degli esorcismi protettivi nei confronti di un universo che “danza sui piedi del caso” e che non risulta affatto costruito secondo categorie di ragione. 

Ma ormai, dinanzi alla sguardo disincantato del filosofo moderno, le metafisiche e la religione si sono definitivamente rivelate come prospettive consolatorie, decorazioni della realtà e bugie di sopravvivenza: 

“C’è un solo mondo, ed è falso, crudele, contraddittorio, corruttore, senza senso. […] Un mondo così fatto è il vero mondo. […] Noi abbiamo bisogno della menzogna per vincere questa ‘verità’, cioè per vivere”. 

Di conseguenza, da questo punto di vista, dio appare a Nietzsche come la più antica delle bugie vitali, come “la nostra più lunga menzogna”, ovvero come la quintessenza di tutte le credenze escogitate attraverso i tempi per poter fronteggiare il volto caotico e proteiforme (multiforme) dell’esistenza. 

Come tale essa è l’espressione di una paura di fronte alla verità dell’essere. 

Dio è la figura simbolo in cui si raccolgono tutte le illusioni metafisiche e le forme di trascendenza affermatesi nel corso del pensiero occidentale. 

L’affermazione nietzscheana della “morte di dio” non è però identificabile con una delle forme tradizionali di ateismo, in quanto Nietzsche non pone il problema se dio esista o meno o come sia possibile dimostrarne l’esistenza. 

Parlare della morte di dio significa piuttosto annunciare in forma poetica il compiersi di un processo che è in atto e che si presenta ormai con i tratti inquietanti del nichilismo.


IL NICHILISMO:

• Uno dei concetti più utilizzati da Nietzsche, e forse tra i più attuali, per interpretare la storia e i caratteri della civiltà occidentale è quello di nichilismo


• Il termine deriva dalla parola latina nihil, che significa nulla, e ha quindi un significato di annullamento, annientamento

• Con questo concetto Nietzsche allude in primo luogo all’annullamento che la nascita e lo sviluppo della metafisica e della morale hanno operato sulla vita. 

• Costruire un mondo ideale, metafisico e morale, nel quale collocare il vero senso dell’esistenza significa infatti azzerare, nullificare il valore della vita terrena. 

• Questo processo, come ho cercato di spiegare, è avviato da Socrate e Platone, giunge alla sua perfezione nel cristianesimo, ed è riassunto nel concetto del dio cristiano

• In quanto riassume il mondo ideale metafisico e morale, dio è stato “la più grande obiezione contro l’esistenza”. 

• Ora, però, il processo di annientamento della vita comincia, osserva Nietzsche, a rivolgersi contro i suoi stessi promotori. 

• Quello stesso mondo vero e ideale di cui ci si è serviti per annientare il mondo reale comincia a sua volta ad annientarsi. 

• Metafisica e morale tradizionale iniziano a rivelare il nulla su cui si fondano. 

• Il termine nichilismo ha dunque due significati: il primo indica il processo di annientamento dell’esistenza concreta a opera dell’esistenza ideale, e in generale ogni atteggiamento di fuga e di disgusto nei confronti del mondo (che Nietzsche vede incarnato soprattutto nel platonismo e nel cristianesimo); 

• il secondo indica la specifica situazione dell’uomo moderno che, non credendo più in un “senso” metafisico delle cose e nei valori supremi, finisce per avvertire, di fronte all’essere, la disperazione del vuoto e del nulla. 

• Con il venire meno degli idoli della metafisica, della morale, della religione e della razionalità che per secoli hanno dominato sugli uomini dell’occidente, con lo scomparire dell’ordine trascendente e del sistema di valori a esso collegato – quei valori che per secoli hanno guidato gli uomini d’occidente – si produce un effetto di spaesamento, di vuoto: il nichilismo. 

• Il primo processo è accaduto nel passato, a partire dalla nascita della morale e della metafisica di Socrate e di Platone. 

• Il secondo è tuttora in atto, si rivela con l’avanzare dell’ateismo, con la perdita di credito della metafisica. 
 

• Al processo, ancora in atto, che ha come risultato finale la scomparsa della metafisica Nietzsche si riferisce con la locuzione “morte di dio”. 

La morte di dio è quindi la scomparsa di ogni punto di riferimento abituale, di ogni sicurezza, di un millenario sistema di credenze. 

• L’annuncio della morte di dio è la constatazione che il declino dei valori tradizionali è ormai in atto, anche se gli uomini per lo più non se ne rendono conto e continuano a vivere come se dio ci fosse ancora.

• La morte di dio non è un fatto che accada anzitutto nella coscienza degli uomini, e in ciò si distingue da una pura affermazione di ateismo: essa coincide con la stessa oggettività del venire alla fine della morale e della metafisica; è un evento che è accaduto anche se noi non ne abbiamo ancora piena coscienza. 

• Proprio perché la maggioranza dell’umanità ancora non sa nulla di questo evento, chi lo annuncia è un folle e non viene ascoltato.

• A Nietzsche interessa non tanto la dimostrazione del fatto che la morte di dio sia realmente avvenuta, quanto la riflessione sulle conseguenze esistenziali prodotte da questo fatto decisivo della storia dell’uomo.

• Di fronte al fatto sconvolgente della morte di dio si delineano due forme di nichilismo: 

quello passivo che subisce inerte il crollo dei valori tradizionali; 

quello attivo, consapevole che solo vivendo fino in fondo l’esperienza del vuoto, ovvero portandola alle estreme conseguenze, è davvero possibile superarla e andare oltre. 

• Dunque: la morte di dio, ossia la fine delle illusioni, può significare per l’uomo o la paralisi della volontà o il riconoscimento che non esistono un ordine e una verità già stabiliti, al di fuori della volontà umana, e che proprio l’avere voluto trovare un ordine e una verità immutabili ha condotto al nichilismo

• Come i greci dei tempi eroici l’uomo deve tornare a essere capace di vivere senza credere che ci sia un ordine razionale del mondo, che la storia abbia un senso e una fine, che vi sia un progresso, una differenza tra il bene e il male, una verità. 

• Nonostante tutto ciò, quest’uomo dovrà essere capace di vivere la vita con gioia.

• Quest’uomo nuovo è dunque il superamento dell’uomo attualmente esistente, è l’oltre-uomo (Üebermensch, spesso, specialmente in passato, tradotto con superuomo).

• In questo quadro si collocano i grandi temi della filosofia nietzscheana: la volontà di potenza, l’oltre-uomo, l’eterno ritorno dell’identico, che occupano la fase più matura del pensiero del filosofo, inaugurata dalla pubblicazione di Così parlò Zarathustra (1883).


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